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Like, follower, commenti. In una sola parola, engagement. Peccato – o per fortuna – che le metriche per valutare il successo o l’insuccesso di un’attività di social media marketing non si limitino soltanto a questo.

Valutati singolarmente, like e follower servono più che altro a far lievitare l’ego e la soddisfazione del social media manager. Ci sono parametri più complessi – o almeno, meno immediati – che vale la pena tenere in considerazione per misurare con cognizione di causa i risultati di una singola campagna del brand, o della sua attività social nel complesso, per quantificare il valore di quanto prodotto e divulgato sul web.

I contenuti resi virali portano traffico sul sito aziendale, il luogo deputato a convertire traffico e clic in vendite e preziosi contatti commerciali. Proprio quando gli utenti atterrano sul sito intervengono altre metriche: la frequenza di rimbalzo e il tempo che mediamente il lettore trascorre sulla pagina web. Senza dimenticare la frequenza di visita, che esprime quanti utenti hanno visitato il sito per una sola volta e quanti invece sono tornati. Indicatori che consentono di chiarire meglio cosa funziona e cosa no nella strategia di comunicazione del brand.

“Con il like l’utente ci mette il pollice,

con il commento ci mette la voce,

con lo share ci mette la faccia” 

Pare che Edge Rank, l’algoritmo di Facebook che determina la visibilità di un post di un utente o di una pagina aziendale nel feed degli amici o dei fan, metta in ordine di importanza queste tre interazioni, dando più importanza ai contenuti più condivisi rispetto a quelli più commentati e spolliciati. Il coinvolgimento dell’utente è infatti misurato in base alla sua azione. Un contenuto con tanti like ma poche condivisioni vale meno di uno poco pochi like e più condivisioni.

Qui entrano in gioco alcuni tool preziosi, come la piattaforma Voicr ideata dall’agenzia di social media marketing milanese Business4People, che gestisce un network di smart influencer – persone normali, con un migliaio di amici su Facebook – i quali diffondono contenuti brandizzati realizzati dai marchi e vengono premiati a performance, in base a clic, contatti e vendite generati dalle loro condivisione. Gli smart influencer decidono quali post condividere, in base ai loro interessi e a quelli dei loro amici; ad esempio, se una persona ama sciare, è molto probabile che tra i propri contatti social abbia amici con la stessa passione. In questo modo i contenuti godono di maggiore diffusione e diventano virali, agli occhi degli altri utenti e dello stesso algoritmo di Facebook.

La chiave di lettura sui risultati di una campagna social dipende prima di tutto dagli obiettivi. Un conto è la brand reputation – in questo caso meglio fare leva sulle dinamiche di emulazione sollevate dai top influencer -, un altro il passaparola social, più azzeccato per estendere la propria audience. In questo caso, la gestione di una campagna di comunicazione attraverso i profili social aziendali e gli smart influencer rappresenta la soluzione ideale, considerato che negli acquisti le persone si fidano più del parere e dei consigli di amici e conoscenti che degli slogan recitati a memoria dal testimonial di turno.